(articolo uscito su numero 32/2016 di Arcireport)

Si potrebbero tirare già alcune conclusioni dal seminario nazionale che abbiamo tenuto settimana scorsa sulle novità (e le difficoltà) contenute nel recente Decreto Ministeriale 10 agosto 2016, inerente il nuovo sistema di accreditamento SPRAR. La prima, la più ovvia, è che non sempre le buone intenzioni politiche corrispondono ad un effettivo miglioramento delle condizioni oggettive. Almeno non subito. Questo abbiamo registrato e portato all’attenzione dei rappresentanti di ANCI nazionale e Servizio Centrale, entrando nel merito di una serie di problematiche inerenti la riprogettazione dei progetti di accoglienza già in corso. Problematiche che in parte dipendono da un sistema burocratico statale che fatica ancora fare sintesi, per cui ciò che è contenuto nel Decreto Ministeriale si scontra in parte con quelle che sono le linee guida dell’Autorità Anti Corruzione in materia di appalti, solo per fare l’esempio più ecclatante. A noi è ben chiaro quanto sia importante rendere il più trasparente possibile il sistema nazionale di accoglienza; sappiamo pure quanto questo Paese abbia bisogno di una vera e propria rivoluzione in termini di affidamento dei servizi pubblici (e quindi di risorse pubbliche) e, al tempo stesso, siamo preoccupati di questo “mercato dele vacche” che si è aperto nella gestione dei progetti di accoglienza per cui associazioni e cooperative di Jesi vanno a gestire progetti di accoglienza a Cagliari senza alcun rapporto con quel territorio ma, ciò non può essere fatto mortificando una storia e un lavoro dignitoso come quello che abbiamo portato avanti in questi anni, come Arci, sul terreno dell’accoglienza. Già dai tempi del Piano Nazionale Asilo in alcuni casi. Lo pensiamo da convinti sostenitori (e non da oggi) del sistema SPRAR che, nonostante tutto, di più e meglio garantisce i beneficiari in primis e una maggiore efficacia nell’utilizzo del denaro pubblico. La presenza al Seminario della presidente e del vice presidente nazionale ci conferma poi come, su questo tema in particolare, esiste oggi una necessità di un nostro sistema nazionale; le sfide poste dal nuovo Decreto, le indicazioni che emergono dal DDL di Riforma del Terzo Settore e le prospettive di cui abbiamo discusso anche in occasione del seminario del 6 ottobre impongono una riflessione politica generale a tutta l’associazione. Senza enfatizzare, piuttosto urgente, ritengo. Una riflessione che non ha per oggetto la modifica del sistema associativo così come lo abbiamo conosciuto ma solo e unicamente, la costruzione di strumenti adeguati, condivisi che possano sostenere, garantire e tutelare il lavoro dei comitati nell’accoglienza.  Il lavoro di monitoraggio che abbiamo messo in campo e il lavoro sulle Linee Guida Nazionali sull’Accoglienza che abbiamo avviato nella primavera di quest’anno vanno in questa direzione – da ben prima che uscisse il Decreto di cui sopra – con l’evidente conseguenza di rafforzare un ruolo nazionale dell’Arci nel determinare migliori condizioni delle persone coinvolte, il loro benessere, i loro diritti, e nel contempo rafforzare la capacità di influenzare le scelte delle istituzioni pubbliche, svolgendo un ruolo attivo di advocacy e allo stesso facilitando i soggetti territoriali impegnati nella gestione. Non da meno arrivare a definire un sistema nazionale associativo, condiviso da tutta l’Associazione e non solo da coloro che riteniamo “addetti ai lavori”, con opportuità, strumenti e regole condivise. Siamo consapevoli, infatti, che su questo tema stiamo giocando una partita che va ben oltre la l’accoglienza ma, nei fatti, stiamo ragionando del nostro modello associativo futuro, delle forme delle opportunità di un sistema (complesso) Arci provando così  a raccogliere la sfida dell’Arci del futuro.

Walter Massa