L’altissima, grandissima e bellissima affluenza segna il dato più positivo di questa tornata referendaria. Cittadine e cittadini si sono riavvicinati e riappassionati alla Carta costituzionale, alla politica.

Dopo settimane di insulti, di livore e brutte polemiche, elettrici ed elettori si sono voluti riappropriare del loro diritto di voto. Lo hanno fatto su un tema preciso: quello sulla forma di governo disegnata dalla Costituzione. E questo non può che far ben sperare sul futuro. Perchè un legame forte con la nostra Carta costituzionale rappresenta un segnale importantissimo. E per questo siamo fiduciosi che la frequentazione più assidua della Costituzione in questi mesi, se pure a volte in maniera distorta, possa aver reso il nostro Paese leggermente migliore.

Come Arci in questi mesi abbiamo cercato in ogni occasione, anche attraverso il confronto tra posizioni diverse nelle nostre basi associative, di far sì che la discussione in questa campagna elettorale rimanesse al merito delle questioni: quelle dello spazio della democrazia, della partecipazione e del rispetto dei valori costituzionali del nostro Paese.

Le ragioni della bocciatura della riforma sono tante, variegate e difformi. Molte di queste portano con sé presupposti altrettanto arroganti. A questo proposito ne citiamo solo uno: come dieci anni fa è stata battuta pesantemente una corposa proposta di riforma costituzionale approvata a maggioranza in Parlamento.

Ma sappiamo che dietro i voti del no c’è anche tanta protesta sociale e in queste ore sentiamo strumentalizzazioni e parole che non ci piacciono.

Non consentiremo a nessuno di appropriarsi del nostro no, che e’ stato un no progressista, non conservativo, un no che, abbiamo ribadito, deve aiutare a far crescere la democrazia e la giustizia sociale.

La verità è che questo voto difende un testo, quello della nostra Costituzione, che è fatto di valori di libertà, di giustizia sociale, di lotta alla disuguaglianza.

E sappiamo anche (da tempo) che tanti dei principi contenuti nella prima parte della nostra Carta devono ancora trovare un’attuazione concreta. Sarebbe il vero cambiamento di cui il Paese ha bisogno.

Questo risultato referendario, anziché perpetuare le divisioni e le lacerazioni che hanno caratterizzato questi mesi, deve essere invece, come abbiamo ripetuto in tutta la campagna elettorale, l’occasione per riaprire una nuova stagione, che, allargando e non restringendo gli spazi di democrazia partecipativa, ricostruisca quei ponti tra la società e la politica della sinistra, che in questi anni si sono rotti. Anche rivalutando in chiave positiva il ruolo di intermediazione dei corpi sociali organizzati.Nei prossimi mesi ci batteremo perché si cancelli definitivamente quel clima (che in queste ore sembra invece continuare) che ha caratterizzato questo periodo, quello dell’annientamento e della distruzione di posizioni diverse, anche all’interno del centro sinistra, perché si possa invece recuperare la capacità di ascolto e di confronto che è necessaria perché un pensiero di sinistra possa affermarsi e vincere le spinte populiste, xenofobe e autoritarie presenti nel nostro Paese.

È sicuramente un voto che nelle prossime ore andrà indagato più a fondo, così come lo stato di salute del nostro Paese. Ma vogliamo ribadire anche oggi che l’Arci può e vuole  essere strumento importante e protagonista di questo percorso di ricostruzione. Non ci sono comunque dubbi sul fatto che la vittoria del no dia ragione a chi ha sempre affermato che la proposta di riforma era poco convincente e male articolata.

E non possiamo che essere soddisfatti perché anche il nostro impegno, in una campagna elettorale faticosa e difficile, è stato premiato. Oltre a questo c’è però di che essere preoccupati. Se da un lato si è arrestata sonoramente la supponenza e la protervia di chi ha voluto personalizzare una materia così importante, lo scenario che ci si para davanti non è quello di un paese coeso e di una politica includente.

È tempo di una nuova stagione di ricostruzione che sappia cogliere anche l’assennatezza e la riflessività di chi come l’Arci, assieme all’Anpi e alla Cgil, ha voluto mettere al centro il merito della questione.

Al giubilo smodato, preferiamo la forza delle idee e delle ragioni del dialogo.