Una sentenza storica che stabilisce come prevalente sul legame biologico, per il riconoscimento della genitorialità,  il rapporto d’amore e cura stabilito col bambino

Dichiarazione di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci

Una sentenza che molti non esitano a definire storica. Per la prima volta viene riconosciuta anche in Italia a due uomini la possibilità di essere considerati padri di due bambini nati negli Stati Uniti grazie alla maternità surrogata.

Ancora una volta sono le aule di tribunale a riscrivere il diritto di famiglia, di fronte ad una politica perennemente in ritardo, incapace di leggere i cambiamenti che avvengono nella società e di dare risposte adeguate. Una politica che sceglie compromessi al ribasso piuttosto che condurre con determinazione battaglie di piena uguaglianza.

La Corte di Appello di Trento, nella sua ordinanza, stabilisce un principio importantissimo e cioè  l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero rispetto al diritto del minore a veder riconosciuto il suo stato di ‘figlio’ nei confronti di entrambi i genitori che se ne sono presi cura sin dalla nascita nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa. L’ordinanza si rifà a una recente sentenza della Corte di Cassazione che esclude che nel nostro ordinamento l’unico modello di genitorialità previsto sia quello fondato sul legame biologico tra il genitore e il bimbo nato, mentre è prevalente il concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare con cura ed amore il bambino.

La sentenza salvaguarda quindi il diritto del minore all’unità familiare, il diritto alla cura, ad essere amato e cresciuto da due genitori, indipendentemente dal loro sesso.

E’ la vita reale che a poco a poco avanza, sono i volti di tante famiglie che chiedono riconoscimento e tutele.
E’ un chiaro invito alla politica a riscrivere l’impianto giuridico del diritto di famiglia, dando rappresentanza alle nuove famiglie e considerando prioritario l’interesse del minore a crescere in una famiglia unita, con i genitori che sin dalla nascita se ne sono presi cura e l’hanno amato.

Oggi non possiamo che gioire per questa sentenza,  insieme alle tante famiglie arcobaleno che chiedono tutele e riconoscimento.
Ma questa  sentenza ci dice anche quanta strada ci sia ancora da fare per avere una legislazione che tuteli davvero i diritti e la libertà delle persone.