Morti due giovani africani nel ghetto di Rignano:  l’Arci chiede che sia fatta giustizia e che le istituzioni locali e nazionali trovino al più presto soluzioniche ridiano dignità a questa manodopera straniera

Un’altra tragedia ha interessato ieri il ghetto di baracche e catapecchie che sorge da ormai dieci anni nelle campagne tra Rignano Garganico e San Severo, luogo  dove vivono centinaia di migranti per lo più africani che lavorano, spesso in nero, nei campi di Capitanata. 

Un luogo di cui ci siamo occupati tante volte nel corso degli anni, perché teatro di innumerevoli episodi di degrado, di illegalità, di sopraffazione e di negazione dei diritti umani fondamentali, segnalando e denunciando agli organi competenti ed alla pubblica opinione le condizioni inumane in cui sono costretti a vivere questi nostri fratelli e sorelle.

Ieri, dopo lo sgombero da parte delle forze dell’ordine di questo luogo di esclusione che inghiotte vite, speranze, dignità di quanti fuggono dalla miseria e dalla violenza per cercare libertà e lavoro in Italia, sembrava che si fosse finalmente vicini ad una svolta.

Ma già subito dopo l’evacuazione forzata c’erano stati dei problemi: alcuni dei migranti del ghetto avevano dato vita ad una protesta  nel centro di Foggia per chiedere di poter rimanere.

Non sappiamo chi abbia organizzato questa manifestazione e vorremmo capirlo, ma sicuramente a sfilare in corteo c’era anche chi è parte attiva degli ingranaggi di un sistema di sfruttamento del lavoro e di negazione della dignità di donne e uomini.

 Nella notte, quindi, la tragedia ha preso il posto delle parole. Un incendio – forse doloso – ha distrutto alcune delle baracche che sorgevano nell’area e ucciso due giovani africani, forse originari del Mali, che nonostante l’area fosse presidiata erano ritornati a dormire nel ghetto. Cosa sia accaduto realmente non è dato sapere ad oggi.

 

La nostra richiesta urgentissima è che le istituzioni (il Governo italiano, la Regione Puglia e la Prefettura in primis) trovino al più presto una soluzione idonea che garantisca accoglienza, ospitalità, trasporti e intermediazione a questa manodopera straniera. In una parola, una soluzione che ridia dignità a uomini e donne le cui tragiche problematiche, per dimensioni e gravità, hanno assunto una rilevanza nazionale e che, pertanto, vanno affrontate in un’ottica non solo locale.