Le prese di posizione dei tre presidenti di regione del centro destra (tra cui spicca per brillantezza Giovanni Toti) sul tema accoglienza possono apparire forti e dure.
Sono in realtà l’ennesima presa in giro per l’opinione pubblica e, soprattutto,l’ennesimo esercizio di demagogia e razzismo che piace agli italiani di questi tempi.
Un razzismo insopportabile, che denunceremo anche per vie legali, e soprattutto una visione distorta del Paese che sarebbe bene i media nostrani non alimentassero solo per vendere qualche copia in più.
In questi giorni abbiamo addirittura sentito parlare di «milioni di profughi in attesa di partire dalla Libia», di situazioni al collasso nella gestione dell’accoglienza, il tutto solo per poter dare fiato ai nuovi interpreti del “Padroni a casa nostra” che, in fondo, è l’unica cosa che gli è rimasta da urlare.
È bene dunque fare un po’ di chiarezza, a cominciare dal ricordare a Maroni che fu proprio lui, da Ministro dell’Interno nel 2011, a favorire una ripartizione regionale dell’accoglienza a seguito delle primavere arabe. Una scelta fatta e voluta dal Governo, senza il coinvolgimento delle Regioni, gestita centralmente anche in termini di risorse. Gestione poi affidata alla Protezione Civile, assolutamente inadeguata che, guarda caso, contestammo come associazione per parecchio tempo.
Vi è un secondo aspetto che l’ex ministro Maroni dovrebbe conoscere molto bene e sono le direttive dell’Unione Europea a cui siamo obbligati come Paese membro. L’obbligo, che deriva in particolare dalla direttiva sugli standard minimi per l’accoglienza, non può essere evaso, pena l’intervento della giurisprudenza europea e multe salatissime sul piano economico e, soprattutto, il taglio delle risorse da parte dell’Europa per la gestione dell’emergenza.
Maroni dovrebbe inoltre essere a conoscenza delle convenzioni internazionalie delle direttive italiane sul tema accoglienza ai richiedenti asilo ma, evidentemente non è così. Del resto anche tra le nostre regioni abbiamo diversi esempi virtuosi e positivi, come la Basilicata che, recentemente, grazie ad un impegno diretto del suo Presidente Pittella, ha deciso di assumere la regia di tutto il sistema d’accoglienza non diminuendo ma anzi aumentando i posti adisposizione nell’ottica dell’accoglienza diffusa tra i comuni.
Crediamo sia utile ribadire che in Italia occorre arrivare al più presto ad un unico sistema di accoglienza nazionale, supportato possibilmente da una legge adeguata sul diritto di asilo oggi mancante.
Il modello che noi sosteniamo è quello dello SPRAR; si basa sulla scelta volontaria dei comuni di aderire ai bandi e di gestirli inrete insieme alle organizzazioni della società civile. L’adesione volontaria da parte dei territori è garanzia di interventi che coinvolgono e che producono un impatto positivo o comunque non negativo.
È garanzia di una presa in carico e soprattutto è certezza della trasparenza sul piano gestionale amministrativo. Il sistema parallelo costruito attraverso le Prefetture, a differenza dello SPRAR, suddivide le quote sulla base di una ripartizione obbligatoria, spesso senza alcun coinvolgimento delle comunità locali, a partire dai comuni. Senza questa volontarietà si rischia di alimentare il razzismo e di produrre percorsi di integrazione che non funzionano e che quindi comportano, tra le altre cose, grande spreco di risorse.
Intutto questo noi non rimaniamo con le mani in mano. Continuiamo la nostra azione di supporto nell’accoglienza insieme ai Comuni coinvolti del sistema SPRAR; non rinunciamo alla nostra legittima attività di denuncia del razzismo e dell’intolleranza, soprattuttose alimentata da chi ricopre incarichi pubblici e di governo. E, soprattutto, il prossimo 20 giugno alle 15 saremo al Colosseo a Roma:in piazza per ribadire tutto ciò e per chiedere alla politica europea di fermare le stragi e il razzismo ormai intollerabile.
Walter Massa, coordinatore immigrazione e asilo, Arci nazionale