Intravedo un filo di coerenza tra il tema delle periferie abbozzato nello scorso editoriale – per molti di noi dirimente per il ruolo e la funzione dell’Arci dei prossimi anni e vera questione politica per i governi delle città- e questo ennesimo tentativo di affossare con un tratto di penna, sommato ad arroganza e ignoranza evidentissimi, quella riforma tanto attesa da buona parte del terzo settore.
Attesa certamente da noi dell’Arci, interessati come tutti dare maggiore valore al nostro impegno civico volontario e soprattutto preoccupati da una certa deregulation che abbiamo notato in questi ultimi anni e che ha permesso a fantasiose associazioni, finte cooperative sociali e un sempre più “professionale volontariato” di entrare a gamba tesa e stringere accordi con il sistema pubblico sempre più in difficoltà. In difficoltà a causa dei pesanti tagli ai trasferimenti verso gli Enti Locali che la politica nazionale di tutti i colori ha deciso in questi anni.
Basti sapere che tra il 2007 e il 2012 il fondo nazionale welfare è’ passato da quasi 2 miliardi di euro a circa 280 milioni annui e dove, al contrario, tra il programma degli investimenti riconducibili alla Difesa per gli anni 2015-2017 è pari a quindici miliardi di euro. Di cui quattro abbondanti per acquisto di materiale bellico.
Basti pensare (anche qui come nota di cronaca) che la Corte dei Conti recentemente ha rilevato nel biennio 2013/2014 un disavanzo dell’INPS di poco superiore ai sette miliardi di euro. E si potrebbe continuare in questo modo, con questi dati, che ci portano dritti dritti al comprendere come la gestione di conti pubblici – e dunque le scelte politiche prioritarie di questi ultimi dieci anni – abbia avuto una coerenza imbarazzante e disarmante.
Il dovere di cronaca ci impone di sapere chi ha governato in questi anni per evitare grillismi inutili e per tenere ancorata la riflessione il più possibile all’oggettività. E dunque nel 2007 si chiude il Governo Prodi II, fino al 2011 torna Berlusconi e poi arriva Monti “a salvare” il Paese. E poi i Governi Letta e Renzi. Non stiamo parlando astrattamente di tagli agli Enti Locali; ciò di cui parliamo è la scomparsa progressiva di tutto ciò che per un sistema di welfare è prezioso come l’acqua come la prevenzione.
La prevenzione sul territorio fatta con le attività culturali, sociali, ricreative del tempo libero; quella prevenzione che ha permesso negli anni di far diventare idee, intuizioni, sperimentazioni anche occasioni di lavoro e sviluppo. Quella prevenzione che negli anni ha avuto la capacità positiva di trasformare azioni di volontariato (vero) in lavoro sociale e così via.
Ma non solo la prevenzione è scomparsa; sono scomparsi servizi di assistenza veri e propri e le risorse per far fronte ai bisogni del territorio non bastano più ai Comuni.
Non bastasse questo, i governi Letta e Renzi in particolare, per andare “dietro all’Europa”, al “salvatore del Paese Monti” e al comico/politico urlante e rabbioso su quanto spendiamo per la politica, hanno cancellato le province facendoci scoprire (come una famosa poesia di Brecht insegna) che non solo nulla si è’ risolto ma, prima o poi tocchera’ a tutti la stessa sorte nel silenzio generale.
Una regressione generale che, per tornare a noi, ha colpito anche il nostro terzo settore che, anche qui, solo per capirci, nel 2014 secondo una ricerca Unicredit ha mosso un volume di entrate pari a 67 miliardi di euro (4,3% del PIL nazionale).
Un dato impressionante che deve essere letto come positivo ma che, come tutte le cose, ha pure il rovescio della medaglia. Mi riferisco ad esempio alla mutazione genetica dell’impegno volontario passato dal piacere di fare qualcosa nel tempo libero per la propria comunità a un volontariato, in taluni casi, “rimborsato economicamente ad ore”. Oppure dall’idea positiva e quasi spensierata di poter avviare una associazione e fare delle cose belle, utili e interessanti per sé e per i propri soci, ad una frustrazione continua fatta di orpelli burocratici, adempimenti di ogni natura e tasse per ogni cosa come una vera e propria attività commerciale.
Per non parlare dell’assurda divisione operata negli anni tra volontariato e associazionismo con un progressivo stravolgimento dell’essenza stessa della legge 266 del 1997 (appunto legge sul volontariato). Oppure ancora, sempre e solo per fare esempi che inquadrino meglio il ragionamento, al ruolo esclusivo di sindacato di operatori sociali che molti forum del terzo settore locali hanno assunto, minando tragicamente la funzione sperimentale, politica e di stimolo per gli Enti Pubblici che negli anni aveva contraddistinto la nascita del Forum del terzo Settore in Italia.
E dunque, in questo quadro – disastroso da tempo per cui pare strano lo stupore di queste ore – dove, nonostante tutto, intere comunità locali sopravvivono solo grazie al senso civico di associazioni, volontari e imprese sociali, questo Governo cosa fa?
Ridimensiona drasticamente il ruolo di questo mondo mettendo a rischio la tenuta sociale di intere comunità. Toccherà arrivare a constatare che, in Italia più che da altre parti, ci stanno togliendo lo Stato, il senso civico e l’impegno legato alla cittadinanza attiva: tre pilastri della democrazia che, dimenticavo, è l’altra cosa che ci stanno togliendo da anni nell’indifferenza più totale dei cittadini.
Con una penna, con arroganza e ignoranza, di Brecht non rimane più nulla. Fino a quando non busseranno alla nostra porta di casa. E allora sarà troppo tardi.