(Arcireport n. 17)

In Tunisia una delle tre nuove commissioni istituzionali discute di verità e giustizia
per le vittime della dittatura. Nel paese si tengono riunioni affollate, si studia,
si guarda nel dettaglio l’esperienza sudafricana e le altre che, con risultati alterni,
hanno provato a sostituire la vendetta con la giustizia. Si respira aria di civiltà.
La stessa aria c’è dentro le Convenzioni di Ginevra. Sono parte integrante del diritto
internazionale e affrontano un paradosso che pare irrisolvibile. Una lunga serie di trattati
impongono ai combattenti il rispetto dell’umanità.
La prima se la inventò Henri Dudant dopo aver visto gli orrori della battaglia
di Solferino nel 1859. Quella sul trattamento dei prigionieri di guerra è del 1849.
Molto più antica è la discussione sul tirannicidio, aperta dal filosofo Giovanni di
Salisbury che visse nel 1100. Scrisse che il popolo poteva uccidere il sovrano se egli
avesse violato il patto con le leggi divine. E in questa discussione si sono impegnate
menti eccelse per quasi mille anni.
L’Occidente del Terzo Millennio consegnerà invece ai posteri le foto taroccate di Bin
Laden massacrato, i video con il sangue di un figlio di Gheddafi, il clip di Saddam
Hussein appeso al cappio. Ha risolto così, come in un telefilm di bassa lega, interrogativi
etici, giuridici, politici su cui si sono arrovellati secoli di Storia.
I ragazzi di New York fanno festa per la morte del nemico. Non è colpa loro se il
messaggio culturale di questo nostro mondo dice che l’unica alternativa all’ingiustizia
e alla violenza è la guerra, la vendetta e l’assassinio.