In questi giorni ho ripensato a Tom e al periodo del Congresso Nazionale del 2002, quello di Vico Equense, il mio primo congresso nazionale da delegato. In particolare ad un passaggio che mi è ricapitato per le mani della sua relazione in quello che si preannunciava come un congresso di cambiamento per l’Associazione. “Anni fa era diffuso lo slogan siate realisti, reclamate l’impossibile. Ora forse quella provocazione si può scrivere così: siate utopisti, reclamate il possibile”. Scritta come dicevo nel 2002 risulta oggi ancora attuale se pensiamo alla nostra Arci e a ciò che accade attorno a noi. Attuale perché segna il bisogno di maggiore coraggio e di una visione meno legata a ciò che accade in questo, spesso, triste presente e, soprattutto, alla necessità di costruire in tempi rapidi, una prospettiva collettiva praticabile. La nostra utopia del possibile. Chi se non noi in questo desolante quadro politico? Chi se non noi portatori di obiettivi praticabili e di riferimenti valoriali saldi? Chi se non noi per quella nostra naturale capacità di essere territorio e al contempo dimensione collettiva nazionale? E’ bene non nascondersi dietro un dito; occorre maggiore coraggio e, ancor più, una forte consapevolezza dei propri mezzi. Al contempo occorre tornare a non dare più nulla di scontato, al fatto che noi non solo non ci saremo a prescindere come qualcuno ancora crede ma, al contrario, è un miracolo di questi tempi essere sopravvissuti allo tsunami storico e sociale rappresentato dal passaggio tra vecchio e nuovo secolo. Coraggio, dunque, significa anche avere la forza di tornare a sperimentare forme, modelli, pensieri capaci di andare oltre il presente e ciò che siamo stati e siamo oggi. Di qui, al di là del giudizio sulla genesi, la nuova normativa nazionale del Terzo Settore deve diventare una grande opportunità per la nostra associazione. e la nostra associazione deve diventare una preziosa opportunità per i cittadini di questo Paese. Ma, occorre tornare a studiare; occorre organizzarsi meglio e soprattutto occorre ritrovare quell’entusiasmo che, al netto dei valori e delle idee, è sempre stato il motore di ogni cambiamento e di rilancio. Studiare e organizzarsi, sfruttando appieno la prossima fase congressuale; ad ogni livello. E vincere quella apatia dettata dalla paura che per troppo tempo ha condizionato anche la nostra Arci. Il congresso dovrà tornare ad essere utile, vivo e inclusivo; non più solo il rito delle questioni da sbrigare in fretta, possibilmente senza discutere troppo, per paura di pensarla in modo differente. No, non si può pensare d’imbalsamare l’Arci. Non si può continuare a vedere questa associazione solo come la somma di tante associazioni più o meno piccole. Abbiamo forza, passione e intelligenza per riaprire un confronto vero, reale, sereno e, torno a ripeterlo, utile perché in questa fase, davvero, ci stiamo giocando un pezzo importante del prossimo futuro. Con questo spirito prepariamoci ad affrontare la prossima fase associativa; senza tabù, a viso aperto e con l’entusiasmo che deve contraddistinguere una forza credibile come può e deve tornare ad essere l’Arci. Buona campagna di tesseramento a tutte e tutti. Apriamo le porte e le finestre dei circoli e dei nostri comitati. Facciamo in modo, tutte e tutti insieme, che quel noi sia ogni giorno più grande.