Cara Repubblica, le giuste domande poste da Luca Borzani in occasione di questo 25 aprile interrogano tante e tanti, non vi è dubbio. Motivo che mi spinge a provare a individuare nel concreto il modo per voltare pagina di fronte ad una sconfitta culturale epocale. Non è possibile continuare ad essere spettatori dopo il voto del 4 marzo scorso che, inequivocabilmente, ci ha fatto intendere che parte di quei valori fondanti della nostra democrazia, sembrano essere stati messi in secondo piano, quando non da parte. Antifascismo, ossia, uguaglianza, solidarietà e giustizia non sembrano più patrimonio comune e diffuso e soprattutto non costituiscono più quella solida base valoriale che per moltissimi anni ha rappresentato una certezza e una sicurezza. Occorre dunque, proprio in queste giornate, spenderci un pensiero in più. Cosa può significare dunque l’Antifascismo oggi? Perchè stentiamo oggi a farci capire quando pronunciamo quella parola? E soprattutto perchè non siamo più credibili? Badate, non sono tra quelli dalla risposta facile e piuttosto superficiale del tipo questo paese è sempre stato di destra oppure questo paese è razzista. Fosse così sarebbe persino facile trovare vie d’uscita a questa crisi culturale a cui più nessuno fa caso. E sarebbe altrettanto facile sbarazzarsi delle colpe che invece portiamo pesantemente sulla coscienza. No, il pensiero e l’analisi (così come la critica) riguardano noi a cominciare dal fatto che non esiste più una base valoriale comune ma varie. Non si parla più di antifascismo ma di antifascismi quasi a voler sottolineare che la nostra Costituzione la si può tirare in egual misura a destra e a sinistra a seconda delle convenienze. Al pari delle logiche di partito per cui la gara è sempre e solo una: a chi è più puro e di sinistra. A chi è più riformista. A chi è più comunista. C’è da farsi venire la nausea a sentire ancora questi discorsi oggi. Parlare di Antifascismo senza affrontare il tema delle diseguaglianze e della lotta alla povertà è diventato uno sport a cui nessuno dei cittadini vuole più giocare e ho la presunzione di pensare che da qui occorra ripartire. Non si può più dare l’idea di fare tante e belle prediche senza al contempo muovere un dito verso chi ha davvero bisogno. Immagino un riscatto dell’Antifascismo sul terreno della lotta alla povertà e alle diseguglianze; immagino il movimento antifascista impegnato nell’organizzare mense per chi ne ha bisogno nei quartieri e nei borghi più disagiati; immagino l’antifascismo militante raccogliere davanti ai supermercati viveri e indumenti da distribuire; immagino, soprattutto, un unico movimento antifascista impegnato nel proprio quartiere a rispondere ai bisogni di quelle comunità, punto di riferimento, rappresentanza di chi vive impegnato 7 giorni su 7 pr arrivare a fine mese. Immagino un Antifascismo di prossimità, capace di tornare ad essere credibile perchè impegnato concretamente su quei terreni di uguaglianza, solidarietà e giustizia, nelle forme che la nostra Costituzione non solo prevede ma auspica. Ecco, qui ed ora occorre questa svolta per tornare ad essere credibili nelle nostre parole che oggi, per lo più, appaiono stonate prediche, spesso poco credibili. Del resto è quello che, oltre 70 anni, fecero i nostri bisnonni e i nostri nonni. Combattere la paura del futuro avendo ben chiaro che il mondo migliore da costruire non poteva che essere giusto, solidale ed eguale. Certamente il nostro impegno come Arci, sarà qui; promuovendo incontri e assemblee nei quartieri per far (ri)partire questo movimento, orgogliosamente Antifascista. W il 25 aprile, dunque, di uguaglianza, solidarietà e giustizia come impegno concreto.
Walter Massa
presidenza@arciliguria.it
(articolo pubblicato sull’edizione ligure di Repubblica il giorno 22 aprile 2018)