Ci siamo. Sabato 12 maggio prossimo, presso il Consorzio Associativo Officine Solimano, ci riuniremo in forma privata per la prima sessione congressuale regionale.
Abbiamo nuovamente scelto questa formula della doppia sessione per avere più tempo a disposizione per noi, per i nostri circoli e soci che rappresentiamo e per le idee che vogliamo tramutare in realtà nei prossimi quattro anni. Sia qui nella nostra regione dove non partiamo da zero, sia nazionalmente dove in questi anni abbiamo rappresentato un’anima, certamente critica e via via sempre più insoddisfatta ma, sempre corretta, leale e trasparente. E lo abbiamo fatto come gruppo dirigente, scegliendolo unitariamente, sempre per il bene dell’Arci in cui siamo, in cui crediamo e in cui vogliamo continuare a vivere dicendo la nostra. Costi quel che costi e, soprattutto, nonostante i “malpensanti” che anche nella nostra associazione sono spesso in attesa di giudicare qualsiasi opinione o atteggiamento diverso. Si mettano il cuore in pace, fin tanto che non saremo convinti, parafrasando il “nostro” Fabrizio (De Andrè), “E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti..”, questo siamo e questo saremo.
Inutile nasconderlo. La doppia sessione ci aiuta anche ad individuare il migliore e più adatto gruppo dirigente per guidare l’Associazione regionale a seconda della fase che si aprirà con il Congresso Nazionale di Pescara. Non è tattica come qualcuno potrebbe intenderla; è semplicemente scegliere sulla base delle necessità e del lavoro che abbiamo intenzione di fare, sapendo bene, che con questo congresso regionale si chiude un ciclo che mi ha visto ai vertici dell’Associazione dalla fine del 2007. Si chiude perchè è giusto così e perchè è rimasta “monca” quella norma che prevede il limite dei due mandati solo per nazionale e regionale. Monca perchè, anche allora, è stata, il frutto di una mediazione al ribasso e che ha impedito un ragionamento di merito e, quindi, scelte, più attente al come siamo e stiamo veramente sul territorio. Si è preferito tagliare con l’accetta tra regionali e territoriali con situazioni paradossali che vedono la gran parte dei regionali (non il nostro) tenuti in piedi con difficoltà da volontari e territoriali al contrario strutturati e forti anche sul piano economico che, se non lo hanno scelto di loro spontanea volontà, potranno prevedere lunghi, se non lunghissimi, mandati.
L’esempio calza a pennello; le mediazioni al ribasso per “l’unità dell’associazione” non ci sono mai interessate. Abbiamo dovuto, come tutti, fare di necessità virtù nella fase post congresso 2014 poiché in quel caso non si poteva fare altrimenti. Ma non è stata una pagina felice. Questo congresso, costi quel che costi, dovrà confrontarsi per fare in modo che la discussione racconti l’Arci a cominciare dai bisogni del territorio, sempre più solo e abbandonato a se stesso. Senza investimenti, senza cura e senza mandato. L’ho spesso detto: l’autonomia trasformata in autismo crea solo mostri. Questa percezione di lontananza dell’associazione nazionale noi l’abbiamo percepita in questi quattro anni. Prima l’abbiamo digerita perché si usciva da un congresso traumatico; abbiamo fatto di necessità virtù, come si dice in questi casi. Ma il tempo, su cui confidavamo, non ha prodotto quella necessaria cura. Poi l’abbiamo denunciata a chi doveva raccogliere il nostro sconforto e la nostra preoccupazione, dopo aver responsabilmente scelto l’unità. Ma nulla, è rimasta in piedi la teoria del “voi e del noi” nonostante il 2014 fosse ormai distante. Poi abbiamo deciso di incalzare sul merito delle cose che non ci convincevano e che, di fatto, stavano costruendo (forse inconsapevolmente?) una associazione sempre più distante, un centro servizi mal riuscito in cui il rapporto tra “noi e voi” influiva talmente tanto da essere, noi, quasi completamente dimenticati. O almeno questa è stata la sensazione. Infine, come accaduto ancora l’altro ieri al Consiglio Nazionale sul bilancio consuntivo, e come accade da un bel po’, abbiamo deciso di denunciare e prendere le distanze da scelte e condizioni che non solo non ci appartengono ma, si stanno rivelando dannose.
Abbiamo insomma bisogno di discutere di noi, partecipare, sentirci coinvolti e responsabili, attenti, attivi, direi vivi. Abbiamo bisogno di tornare ad essere un collettivo in cui riconoscersi e dove riscoprire la militanza e non solo l’adesione. Vogliamo farlo al netto dei nomi e dei personalismi che da troppo tempo tengono in ostaggio la nostra discussione nazionale. Altrimenti il rischio di diventare terreno fertile per il male più grande di questi tempi è dietro l’angolo. L’apatia e l’abbandono di qualsivoglia investimento di tempo, idee, entusiasmo per una associazione autenticamente nazionale non ce lo possiamo permettere. Per noi stessi, per chi rappresentiamo e per coloro che guardano a noi da fuori con interesse e attenzione. Noi questo, con le nostre forze continueremo a rifiutare, partendo dal merito delle proposte e delle scelte, con una grande consapevolezza: non pensiamo di avere la verità in tasca e rimaniamo disponibili al confronto, sempre e comunque. Ma non abbiamo nessuna intenzione di piegarci a logiche che con la partecipazione e la democrazia non hanno ragion d’essere. Sono altri i luoghi in cui “non è possibile disturbare il conducente”. Abbiamo certamente sbagliato in questi anni ma, non avevamo torto se guardiamo i risultati. Così affronteremo il nostro congresso e così parteciperemo al quello nazionale di Pescara. Lavorando, giorno dopo giorno per un congresso utile, vivo e partecipato.
Buon lavoro!