Si è chiuso il XVII Congresso Nazionale Arci. Si è chiuso nel migliore dei modi possibili: mettendo in risalto, con maturità, idee e visioni differenti su alcuni aspetti della vita associativa, dando a queste visioni piena dignità e soprattutto eleggendo un Consiglio Nazionale rappresentativo e vincolato da un documento congressuale finale unitario. Ho rivendicato nel mio intervento lo sforzo e la crescita del gruppo dirigente uscente nel portare a casa con questo congresso un risultato per nulla scontato dove, ai tentativi di forzature e di ricerca di una pelosa unità, abbiamo risposto mettendo sul tavolo le nostre idee, anche quelle differenti, convinti che solo la trasparenza del confronto avrebbe potuto rimettere in cammino la nostra grande associazione. Oggi quel confronto è un po’ più di tutte e tutti e non solo dei gruppi dirigenti e ciò non può che far bene. Siamo usciti finalmente da questa paludosa retorica del “vogliamoci bene” (dove al vogliamoci bene poi non corrispondeva nella realtà alcun sentimento) in cui tensioni nelle commissioni, chiacchiere nei corridoi, discussioni accese, idee differenti, appunto, sembravano diventati il male assoluto e la causa del nostro stato di salute traballante. Penso ci sia oggi maggiore consapevolezza sul fatto che le cose che non hanno funzionato – e sono molte – non hanno funzionato perché sono state fatte scelte sbagliate. Motivo per il quale risulta oggi anacronistico limitarsi a fotografare quello che siamo. Ho trovato del tutto paradossale il fatto di essere stato l’unico a rivendicare questo lavoro e questa crescita, mio avviso, importantissima; paradossale perché in questi quattro anni, insieme al mio comitato regionale e a tante e tanti compagni, ho rappresentato spesso un punto di vista critico, talvolta fortemente critico ma, sempre propositivo e sempre nel merito. Ma penso sia stato giusto così.

Abbiamo eletto un Consiglio Nazionale al quale affidiamo una grande responsabilità; essere più che mai il luogo del confronto, della proposta e garante del documento congressuale unitario finale. Lo sforzo fatto dalla commissione politica non può essere buttato alle ortiche. E’ stata confermata Francesca Chiavacci, unica candidata, a maggioranza. Una maggioranza nemmeno paragonabile a quattro anni fa nella seconda parte del congresso di Bologna. Non credo per sfiducia ma piuttosto per chiedere a lei maggiore attenzione e più responsabilità nel sentirsi e farsi sentire la presidente di tutte e tutti noi, con la responsabilità che ne consegue. Poiché di questo ha bisogno l’Arci. E mi pare anche questo un deciso passo avanti per l’Associazione. A lei i migliori auguri di buon lavoro e a noi l’invito ad essere sempre più franchi e trasparenti mantenendo sempre viva e accesa la vera cosa che unisce tutta l’Arci, dalle alpi alle piramidi: la cura per questa grande e straordinaria comunità. Buon lavoro a tutte e tutti noi.

Il mio intervento al Congresso Nazionale 
https://youtu.be/USNCzzBszxU dal minuto 5.36.34