Si avvicina anche quest’anno il 25 aprile, una data importante per la nostra comunità nazionale.
Una data importante nonostante le piccole e grandi provocazioni che ogni anno, amministratori sprovveduti e politicanti da strapazzo tentino, con ogni mezzo, di offuscare.
Non sarà però un 25 aprile come tutti gli altri.
Dal 1945, per la prima volta, ci ritroveremo senza piazze stracolme, senza manifestazioni, senza migliaia di piccole e grandi iniziative e, soprattutto, senza quell’aria collettiva di festa che in ogni angolo del paese si è sempre respirato in quella giornata. Già perché il 25 aprile è la ricorrenza della nostra Liberazione dall’oppressore e come tale l’abbiamo sempre vissuta e voluta vivere: come una festa del popolo. E non poteva essere altrimenti.
Ricorre il 75° anniversario della nostra vittoria sui nazifascisti ma le condizioni di libertà e la voglia di fare festa saranno dunque molto diverse e in parte ridimensionate. Non tanto e non solo per la necessità di dover festeggiare ciascuno a casa propria ma, per le grandi perdite che questi due mesi di pandemia hanno segnato. Perdite di cari, di amici e, purtroppo spesso, di uomini e donne che hanno dato ai valori della Resistenza e soprattutto alla ricostruzione nel dopoguerra, una spinta decisiva nella nostra città e nella nostra Regione. Sarà naturale quindi per molti di noi – e non potrebbe essere altrimenti – rivolgere un pensiero prima di tutto a Pino, Franco, Giuliano. E poi ancora a Pippo e Walter e molti, molti altri che ognuno di noi potrebbe aggiungere. Perché questi uomini che ci hanno cresciuto e con i quali siamo cresciuti ci mancheranno moltissimo. I primi sono stati un pezzo della storia operaia della Valpolcevera; quella storia che s’intrecciava quasi in automatico con il Partito, il Sindacato, l’Arci. E poi l’Anpi e il mutualismo solidale di cui sono stati fino alla fine esempi virtuosi e riconosciuti. E come non sentire la mancanza di Pippo, l’operaio scrittore, un pezzo di quella sinistra che il 30 giugno 1960 sfidò apertamente la provocazione fascista. E Walter, per ultimo solo perché più giovane. Un compagno comunque figlio di quell’idea e di quella storia, per cui il bene collettivo veniva prima di ogni santificazione personale. Concetti che oggi rischiano spesso di diventare vetusti, soprattutto se raccontati così ma che invece, rappresentano nel migliore dei modi quella storia, quella cultura e quella visione politica ancora oggi necessaria e che tutti loro interpretavano nel loro quotidiano con assoluta caparbietà. E con grande umiltà. Incontrare uomini e donne che credono e si battono per qualcosa e per qualcuno rimane una delle più grandi virtù. Ecco questo sarà il 25 aprile di tante e tanti quest’anno. Un momento certamente per ricordare i nostri eroi che tra il ‘43 e il ’45 salirono in montagna, immolando le loro vite per garantirci la democrazia di cui oggi tutti disponiamo. Un momento per ringraziare le donne e gli uomini in prima fila in questi mesi per salvarci la vita ma, sarà anche, al di là di tutte le iniziative meritevoli a cui parteciperemo e che ci vedranno protagonisti, il momento per ricordare gli amici cari e i compagni che un maledetto virus ci ha portato via per sempre. La perdita di un pezzo importante della nostra vita e la perdita di un pezzo importante della storia di questo Paese e della nostra orgogliosa città. Uomini e donne che hanno incarnato quello spirito che il grande Luis Sepulveda ha descritto bene in uno dei suoi tanti scritti meravigliosi:
“Poi ci perdemmo di vista perchè i tanti compiti della Rivoluzione cilena ci tenevano molto occupati e la giornata era sempre troppo breve, dormivamo poco ma non perdevamo mai di vista l’importanza di quel che facevamo. Non avevamo diritto né alla stanchezza né allo scoraggiamento. Stavamo costruendo un paese giusto, fraterno, solidale, seguendo una via cilena, rispettando le libertà e i diritti”.
Riposate in pace cari compagni e W il 25 aprile, urlato come lo avreste urlato voi.
Walter Massa, coordinatore Arci Liguria