(Arcireport 36)
«Fate piano, potreste svegliare gli italiani»: scritto su un cartello a Puerta del Sol, in una delle manifestazioni spagnole. Siamo l’unico paese in cui il pareggio di bilancio in Costituzione è passato senza dibattito. Ci credono in troppi, che non ci sia alternativa. Alcuni invocano la crescita, di fronte alla recessione. Un’altra illusione. Non c’è sviluppo dove non c’è più il diritto-dovere di investire sul futuro e sulla democrazia, che è fatta di uguaglianza dei diritti.
Del nostro premier, uno degli inventori del liberismo estremo, si apprezza la sobrietà. Non è poco, ma lo stile non fa il contenuto. Intanto, ci si divide sulle età dei futuri leader, non sulla Troika che ci decide la vita. Nel sociale, la frammentazione è grande. Ciascuno a testa bassa sulle proprie cose, nessuno con la capacità di mettere insieme i pezzi.
I riferimenti – per chi cerca di difendere il lavoro, la tranquillità, il futuro – sono tutti deboli. Le lotte sono frutto della dispe razione, più che della speranza.
A Firenze ci arriviamo così. Dieci anni fa ospitammo l’Europa perché eravamo il movimento più forte. Oggi, senza alcuna arroganza, proviamo a convergere perché, se andiamo avanti così, ci fanno a pezzi.
Le idee ci sono. Un progetto è squadernato, per la società dei beni comuni. Manca la consapevolezza che per spostare i rapporti di forza ci vuole una alleanza all’altezza, e che la battaglia deve stare sul livello dove l’avversario dilaga, e cioè in Europa.
È mancato finora anche il coraggio.
L’adesione della Cgil oltre che dei Cobas allo sciopero generale Mediterraneo del 14 novembre è un grande segnale in controtendenza. È un bel modo, per arrivare a Firenze 10+10.