Con questo numero della nostra newsletter riprendiamo le attività dopo la pausa di Capodanno. Non avendolo fatto prima vorrei intanto augurare a tutte e tutti voi un buon 2015! Sarà un anno di scelte importanti sul piano della politica a cominciare dalle elezioni greche che potrebbero segnare una svolta dentro l’Europa. Anche per questo motivo sarò ad Atene ad attendere con il popolo greco il risultato del voto, insieme a tante compagne e compagni italiani.
E’ stato però, da subito, un anno drammatico. Le vicende legate all’assalto della redazione di Charlie Hebdo devono farci riflettere senza per questo cadere nel baratro della paura e dello scontro di civiltà. E’ quello che vogliono i terroristi (così si devono chiamare perchè di questo si stratta). A questo proposito, sempre sul sito, segnalo l’interessante riflessione di Filippo Miraglia, vice presidente nazionale Arci all’indomani della strage di Parigi. Interesante perchè apre ad una ulteriore considerazione che ci tocca da vicino; ridefinire la nostra analisi sul razzismo e quindi rivedere le nostre politiche in termini di antirazzismo. Parigi in questo senso fa il paio con lo spettacolo indecente delle Primarie e dell’uso abominevole dei migranti. Tirati in ballo in modo scorretto e usati come trofei da mostrare al grande pubblico. Mi sono vergognato. Primarie che non ci hanno lasciato indifferenti anche per altri apsetti, purtroppo. Le polemiche che ancora si rincorrono sono li a dimostrarlo. Credo si possa affermare – senza scontentare nessuno – che sono state le elezioni primarie più inutili alle quali abbiamo assistito e partecipato: inutili perchè non si praticamente discusso di politica, di scelte per la Liguria, lasciando spazio, per lo più, a contese di vario genere, non ultime le “solite” dinamiche di potere all’interno del principale partito del centro sinistra. Badate, ciò non mi stupisce e non mi sconvolge; le dinamiche per la gestione del potere hanno una loro dignità e un perché nella contesa politica. Il problema però, di questi ultimi tempi, è che la contesa c’è stata ma è mancata completamente la politica.
Ci rimettono i cittadini e, in parte, lo strumento delle Primarie; l’ancora di salvataggio (per quanto contraddittoria) in tempi di crisi della rappresentanza e dei partiti che, però, senza regole chiare e trasparenti, condivise e possibilmente definitive, rischiano di apparire come un “mercato delle vacche”. In barba ai tantissimi che, invece, hanno votato con convinzione e coscienza. E’ già di per se strana l’idea secondo cui, ad ogni “Primaria” i contendenti – a seconda delle rispettive convenienze – definiscano le regole. Ogni volta una regola diversa. Del resto Donald Sassoon, l’autorevole storico inglese ospite a Palazzo Ducale qualche settimana fa, ci ha ben spiegato che questo “tutti contro tutti” nelle primarie è frutto di una debolezza della rappresentanza e che “le Primarie non sono tipiche dei paesi di democrazia rappresentativa. Ci sono negli Usa, è l’esempio più ovvio, ma non riesco a ricordarmi un altro paese democratico che le faccia. Le Primarie infatti sono un segno evidente della debolezza dei partiti “. C’è quindi molto da riflettere sullo strumento in sé e ancor più su ciò che si è scatenato prima, durante e dopo. Mi riferisco al contesto in cui si sono svolte e alle molte dinamiche,spesso molto differenti tra loro, che si sono intrecciate e sovrapposte. Tra i tanti vi è un aspetto che mi è parso di cogliere: la gestione del partito da parte del premier ha, per la prima volta, innescato un movimento, un cambiamento dopo anni di galleggiamento e di immobilismo. A me non convince per niente ma il punto non è questo; è infatti sotto gli occhi di tutti il tantivo di Renzi di lavorare per un Partito Democratico diverso. Impostazione che ha visto trasformare ruolo, funzione e allenze con le conseguenti prese di posizione contrarie. L’impressione è che questa trasformazione in corso si porterà dietro molti scossoni e non tutti dipenderanno dallo scontro generazionale, sbandierato come la causa della rottamazione (positiva) ma in realtà pretesto per restaurare ma, anche e forse soprattutto, per imprimere al partito democratico una svolta laburista (blairiana?) definitiva. Una linea di continuità con il pensiero anglosassone tanto caro al nostro premier. Ne vedremo delle belle insomma.
In tutto questo l’Arci ha svolto il suo ruolo, estraneo alla guerra dichiarata e propositivo come sempre, schifata dall’utilizzo becero dei migranti e da uno spettacolo imbarazzante legato a chi “visitava” più bocciofile. Una “gara” che mi ha lasciato incredulo tanto da socializzare con voi (è un bisogno impellente!) una riflessione sul nostro rapporto con la politica e i candidati. Anzi, per dirla meglio, sul loro rapporto con noi. Il “come ci vedono” di una volta…Anche stavolta infatti, in modo molto più marcato, demagogico e pretestuoso, i candidati si sono ricordati dei nostri circoli. Abbiamo assistito alla rincorsa a chi frequenta più bocciofile, società di mutuo soccorso o circoli ricreativi, ed è’ stato un brutto spettacolo, forse anche un poco irrispettoso.
Mi chiedo, e chiedo a voi, se è vero che questi luoghi – Spazi, per dirla con Gramsci – di socialità, di lotta alla solitudine delle persone e di produzione e diffusione di cultura popolare si rivelano preziosi anche in queste occasioni, perché non riconoscerne finalmente l’utilità pubblica e sociale e, quindi, prevedere un sostegno. Altrimenti è una presa in giro dal respiro sempre più corto. Negli anni passati, ad esempio, per altre realtà come gli oratori parrocchiali si sono pensate misure di sostegno importanti. Non si tratta ovviamente di contrapporsi in modo sterile ma di un dato di realtà che, tra le altre cose, denota con chiarezza che almeno per gli oratori c’è sensibilità e l’attenzione necessaria non solo durante le varie iniziative elettorali. Già, perché fino ad oggi per il nostro mondo è valso l’esatto contrario. Noi, non ci stancheremo mai di ribadirlo, non siamo una associazione di “operatori sociali”, in preda alle dinamiche del “dare e avere” ma siamo a tutti gli effetti, un pezzo dell’attuale sistema pubblico di welfare, penalizzati però dalla schizofrenia di essere “circoli privati” per la legge e luoghi a forte funzione pubblica per tantissimi cittadini. E’ quel modo genuino di sentirsi utile che noi vogliamo preservare e che ci vede lontani da quel “volontario professionale” oggi tanto di moda e utile alle politiche pubbliche, e anche un po’ alle dinamiche elettorali. Un volontariato visto come strumento di mera sostituzione dell’intervento pubblico che ha prodotto danni e arretramenti significativi. Un volontariato troppo vicino a quell’idea sostitutiva dello Stato che ancora oggi ci lascia decisamente perplessi. Basti pensare alla progressiva alienazione di tutto ciò che è stata la “prevenzione”, ossia quella specifica attività propria del nostro mondo e del volontariato, fondamentale per contenere e prevenire, appunto, situazioni delicate e difficoltose. In questo senso anche le stesse novità positive legate al decreto Terzo Settore varato dalla Regione Liguria, con l’introduzionedei “patti di sussidiarietà”, rischiano di diventare strumenti da utilizzare male e con evidenti storture. Noi siamo invece realtà formate in buonissima parte con il sano spirito del volontariato; quello dello stare insieme per piacere e per fare qualcosa di buono e utile. Collettivamente. Solidarietà è’ il termine che meglio rappresenta questo modo di fare e di essere. E proprio perché siamo gente del fare, ottimisti come lo devono essere i cittadini impegnati per la propria comunità e soprattutto mai domi. Non vogliamo perdere occasioni e quindi, nonostante tutto, anche per le primarie abbiamo fatto la nostra parte. È’ stato utile a noi, ai candidati ,e speriamo, agli eletti di domani. E anche in questa occasione riteniamo utile ribadire il senso del nostro lavoro quotidiano Se non altro per far capire loro che non siamo degli sprovveduti, degli allocchi.
Ecco noi siamo questa roba qui. In realtà siamo molto,molto di più, ma per conoscerci occorre frequentarci con più assiduità o perlomeno con più attenzione. Una volta ogni quattro anni non solo è poco ma non serve proprio a nulla e, credo, porterà sempre meno benefici elettorali.
Buon 2015!
Walter Massa