(uscito sull’edizione ligure di Repubblica il 14 ottobre 2016 – versione non tagliata)
L’assenza di buon senso in questo dibattito pubblico sull’accoglienza spesso porta alla depressione che immediatamente respingiamo per la forte convinzione che sulla pelle delle persone non si si possano abbattere odio, egoismo e rabbia ingiustificati. Sentimenti pilotati da una generale ignoranza sulla materia tanto che una recente ricerca del Centro Studi di Confindustria la presenza di cittadini migranti nel nostro Paese è “sovrapercepita”; da una presenza reale nel 2015 dell’8,2%, la percezione dell’opinione pubblica si attesta al 26%. C’è una dominanza del mondo dell’opinione su quello della matematica se la vogliamo mettere così e ciò non aiuta a trovare soluzioni adeguate a problematiche complesse; basti pensare ai dati concreti come quelli dell’UNHCR che parlano di un fenomeno mondiale che tocca la vita di oltre 65 milioni di uomini, donne e bambini in tutto il mondo. La matematica dice anche che non esiste alcuna invasione; ne in Europa (poco più di 1 milione di arrivi nel 2015), tantomeno in Italia (circa 200mila). Ad oggi in tutta Italia accogliamo circa 145mila persone che su un Paese di 60 milioni di abitanti è circa lo 0,24%. In Liguria a settembre 2016 ospitavamo poco più di 4 mila persone che su una popolazione di circa 1 milione e mezzo di abitanti e poco più dello 0,23% Poco? Tanto? La statistica direbbe insignificante ma, nonostante ciò, il tema accoglienza è considerato il problema per eccellenza. Si è costruito l’immaginario secondo il quale se non accogliessimo quelle 145 mila persone questo Paese starebbe meglio. Ci sarebbe pensioni migliori, città più pulite, più lavoro, più servizi sociali, più asili nido. Anche qui, forse, è bene aggiungere altri due dati: il primo è che il PIL prodotto dai cittadini migranti è pari a quello della FIAT come anticipato dallo studio della Fondazione Moressa: 127 miliardi annui. Il secondo è che il saldo positivo tra ciò che il Paese spende per l’immigrazione e ciò che viene versato dagli stessi nelle casse pubbliche è di circa 5 miliardi di euro annui grazie ai quali lo Stato, tra le altre cose, riesce a garantire, ogni anno, la pensione a poco più di 700 mila pensionati italiani. Un Paese, il nostro, dove secondo i dati ISTAT, ogni 9 nascite, 10 sono i decessi. Ma dove stanno i problemi allora? Perchè questo Paese arranca? Senza voler scomodare la sociologia una prima risposta c’è, concreta e molto matematica: dal 2007 al 2013 questo Paese ha tagliato il fondo per le politiche sociali di quasi l’80%; si è passati da 2 miliardi di euro a 280 milioni senza che nessuno se ne sia accorto. Almeno così pare. Quel fondo alimentava i trasferimenti agli enti locali, oggi – non casualmente – in ginocchio, senza risorse e strangolati dal patto di stabilità. La domanda sorge spontanea? Dov’erano i partiti, dov’erano i comuni e le regioni in quel periodo? Va domandato a tutti perchè il periodo preso in esame ha visto ben tre governi succedersi: il Prodi 2, il Berlusconi 4 e il Governo Monti. Ma allora perchè prendersela con i richiedenti asilo? Perchè sono il capro espiatorio preferito dalla politica da 25 anni a questa parte ed anche perchè, in questi anni, lo Stato non è stato in grado di strutturare un vero e proprio sistema di accoglienza (per non parlare di un vero piano sull’immigrazione) degno di questo nome ma ha preferito, nella migliore delle tradizioni nostrane, la logica emergenziale per gestire un fenomeno epocale. Basti pensare che ben oltre 100 mila posti dei 145 mila sono gestiti dalle Prefetture, strutture evidentemente non adeguate a governare un fenomeno di questo tipo. La responsabilità sta, anche qui, nella politica e nella “furbizia” di quei (purtroppo tanti sindaci) che non si sono assunti la responsabilità di concorrere all’accoglienza, scaricando su quei pochi che lo hanno fatto tutte le problematiche del caso, tanto che risulta persino troppo facile prendersela con loro. Anche qui la matematica può chiarire meglio di tante parole: se ciascuno degli 8003 comuni italiani avesse dato il suo piccolo contributo oggi quelle 145 mila persone sarebbe accolte in piccoli nuclei da 18 (la famosa accoglienza diffusa), che si tratti di Genova o di Verdeggia nel ponente ligure. E con una semplice operazione perequativa potremmo gestire il tutto con più serenità e maggiore capacità d’integrazione. Per non parlare della Liguria dove a fronte di 4 mila presenze e 235 comuni, sarebbero 17 le persone da ospitare per ogni comune. Si potrebbe continuare nel raccontare il paese della matematica, ossia della realtà. Un Paese forse meno accattivante per media e classe politica in generale – che invece preferiscono le invasioni barbariche – ma forse più utile per affrontare con serietà i problemi del nostro tempo e del nostro Paese. Chi vuole discutere di politica o di elezioni, chi ha oggi responsabilità politiche e/o amministrative, chi si propone di averne, si impegni su questa strada e faccia il piacere, riparta dalla matematica perchè, appunto, come ci hanno insegnato a scuola, questa non è un’opinione. Di quelle ne abbiamo già troppe.