Il Consiglio nazionale dell’Arci, riunito a Roma il 13 e 14 febbraio, ha deliberato di aderire e partecipare attivamente sia al Comitato per il No sul Referendum Costituzionale che si è costituito a livello nazionale, sia ai Comitati locali.
Di seguito il testo del documento che motiva l’adesione dell’Arci.
La Costituzione è una questione che riguarda tutti.
Riguarda anche noi, l’Arci. Ispira i nostri circoli e i nostri Comitati nell’azione e nella pratica quotidiana. Conosciamo quale sia la fatica e il fascino dell’esercizio della democrazia, soprattutto se ad agirla sono persone che si impegnano volontariamente per animare le proprie comunità di riferimento, per offrire risposte ai bisogni e ai desideri dei propri quartieri, frazioni, comuni.
Ora la riforma di una parte della Costituzione sarà sottoposta a referendum costituzionale.
L’azione dell’Arci, da sempre e nel prossimo futuro, è dettata dalla volontà di offrire strumenti di emancipazione per i propri soci e le proprie socie e per la società tutta.
Attraverso momenti di approfondimento, di studio e percorsi informativi, ci impegneremo nei prossimi mesi per sensibilizzare quante più persone possibile su una questione che non ha a che fare semplicemente con gli equilibri interni ai partiti e che ci rifiutiamo di veder rappresentata come un plebiscito sulla vita del Governo.
È a partire dalla necessità di dare voce al nostro radicamento sociale, in una discussione di interesse generale, che vogliamo esprimere il nostro parere.
Questa riforma è una cattiva riforma.
L’intento di superare il bicameralismo perfetto, produce in realtà un Senato dal profilo poco chiaro. L’obiettivo di risparmiare sui costi della politica, che in questi anni ha alimentato un discredito nei confronti delle istituzioni pubbliche, e verso partiti e politica, si traduce in un ri-accentramento dei poteri dello stato, invalidando di fatto la delega agli enti regionali di pianificare i propri ordinamenti legislativi secondo la prossimità al territorio.
Il funzionamento degli istituti di democrazia diretta è rinviato a future leggi costituzionali.
Il sistema dei contrappesi, centrale nella nostra Costituzione, si squilibra, anche a causa del combinato disposto con la nuova legge elettorale, a favore dell’esecutivo.
La Camera a maggioranza assoluta può deliberare lo stato di guerra.
Come Arci ci confrontiamo ogni giorno con la complessità e frammentarietà della società italiana.
Anche per questo, abbiamo imparato che qualsiasi riforma della Carta costituzionale, del funzionamento degli organi dello Stato, dei meccanismi elettorali e, più in generale, delle regole alla base della nostra democrazia, non può risolvere nessuna crisi, se non tiene conto della complessità del nostro Paese.
Purtroppo questa riforma rischia fortemente di restringere gli spazi di partecipazione e rappresentanza, in cui operano i corpi intermedi, agendo più per rispondere ad interessi particolari e contingenti invece che guardare agli interessi generali e al futuro del Paese.
Per noi si tratta di una riforma che accentua le difficoltà delle istituzioni pubbliche e della politica, accrescendo la distanza tra questi e i cittadini e le cittadine, con effetti negativi sul futuro del Paese.
Da www.arci.it