“Dopo i disordini successi a Quinto, in provincia di Treviso, dove i residenti, fomentati dagli attivisti della Lega e di Forza nuova, hanno inscenato proteste eclatanti contro l’arrivo di un centinaio di rifugiati che dovrebbero sistemarsi in due palazzine della zona, Casa Pound guida a Roma la rivolta contro una settantina di richiedenti asilo che dovrebbero essere alloggiati nei pressi della Cassia, a Casale San Nicola.
A Quinto i residenti hanno addirittura scelto di dormire nel prato antistante pur di non ‘contaminarsi’ con i giovani africani, mentre i militanti di Forza Nuova davano fuoco agli oggetti assemblati in un magazzino per l’arredamento delle abitazioni destinate ai rifugiati.
Il tutto all’insegna dell’amor di patria, che va “liberata dall’invasione dello straniero e restituita agli italiani”. Nella capitale, intanto, Casapound organizza i blocchi stradali per impedire l’accesso dei richiedenti asilo nel quartiere, naturalmente cantando l’inno italiano.
Il veleno della propaganda razzista, che in questi anni ha scavato a fondo in un’opinione pubblica sempre più disorientata, sta dando i suoi perfidi frutti. Un razzismo che si esprime in forme diverse, sottili, che non ha bisogno di essere urlato e che per questo è tanto più pericoloso.
E’ passata l’idea dell’invasione, che certa stampa e tanti politici hanno ripetuto come un mantra, fino a far percepire come verità una grossolana bugia. E’ passata l’idea di un paese in perenne emergenza per far fronte a un’immigrazione che ha numeri più contenuti che in tanti altri paesi europei. Il tutto per giustificare, politicamente e moralmente, l’incapacità di gestire qualche migliaio di persone in fuga per la sopravvivenza.
Il risultato è un paese incattivito, sempre più chiuso, incapace di vivere l’altro da sé come una risorsa anziché un nemico da allontanare.
C’è bisogno innanzitutto di un grande lavoro culturale, che non può che partire da un’operazione di verità e di conoscenza. Verità sui numeri, sui motivi dei flussi migratori, conoscenza di queste persone, delle loro storie, della vita che sono state costrette a condurre.
Guai a rassegnarci a vivere in un paese che oggi appare imbarbarito, dimentico della sua storia e delle conquiste civili che l’hanno contrassegnata.
Ci aspetta un impegno gravoso, ma abbiamo gli strumenti e la determinazione necessaria per portarlo avanti.
Roma, 17 luglio 2015