La Presidenza Nazionale dell’Arci, a distanza di qualche giorno dall’esito referendario del 4 dicembre, si è riunita per valutare il risultato della consultazione.
La bella affluenza segna il dato più positivo di questa tornata referendaria. Cittadine e cittadini si sono riavvicinati e riappassionati alla Carta costituzionale, alla politica. In gioco sono state le regole generali del nostro vivere democratico e non possiamo che salutare positivamente come queste siano entrate nel dibattito generale oltre ogni aspettativa. La nostra Associazione di Promozione Sociale, che pratica quotidianamente la dura fatica del confronto e dell’approfondimento, è soddisfatta soprattutto perché è proprio attraverso l’esercizio del confronto democratico consapevole e diffuso che è possibile sconfiggere le diseguaglianze, che è possibile produrre benessere sociale.
Attraverso l’esercizio del pensiero autonomo, lontano dalle esiziali logiche di schieramento, e per l’essersi spesa sul solo merito delle modifiche del patto sociale che è rappresentato dalla nostra Costituzione, l’Arci ritiene di aver contribuito a non favorire la semplificazione del ragionamento e la superficialità con cui questo, per ragioni troppo spesso di natura strettamente comunicativa, viene trasmesso. Per l’Arci essere un corpo intermedio significa favorire le intermediazioni, lo scambio, l’approfondimento, la pluralità non necessariamente conflittuale delle posizioni. Insomma, costruire invece di lacerare, ‘rammendare’ invece di dividere. Nelle numerosissime iniziative promosse dalla nostra associazione, hanno sempre prevalso le ragioni del dialogo e del confronto. Mai sono state messe alla porta posizioni differenti.
Questa è la miglior medicina contro il populismo, contro il pensiero semplificatorio ed esclusivamente emotivo, contro l’accentuazione dei toni da tifoseria che finisce per svuotare la dimensione democratica e accentrare il potere in poche mani trasformando il confronto delle idee in uno scontro tra alto e basso, tra establishment e popolo. L’Arci ringrazia tutte e tutti coloro che nelle proprie basi associative si sono adoperati per promuovere un confronto sano, propositivo, di merito delle posizioni in campo. Ringrazia anche tutti coloro che, diversamente dalle posizioni assunte dal Consiglio Nazionale, hanno comunque voluto favorire l’approfondimento, il ragionare assieme delle regole del vivere civile. Nello spirito della pluralità l’Arci vorrà continuare a essere una palestra di esercizio democratico che è proprio delle associazioni, della partecipazione civica e consapevole dei cittadini.
L’Arci dichiara conclusa, per la sua parte, l’esperienza dei Comitati Referendari, ma non rinuncia di certo ad essere un soggetto capace di esprimere proposte, valori, posizioni nella sua rigorosa, limpida e trasparente autonomia. L’Arci lancerà, a partire dal prossimo Consiglio Nazionale del 21 gennaio, una campagna assieme alle proprie basi associative e in dialogo con la politica e le organizzazioni sociali dal titolo “La democrazia partecipativa sconfigge la crisi e le diseguaglianze sociali”, promuovendo momenti di riflessione sulle questioni che questo referendum ha posto all’attenzione del Paese: la partecipazione, la democrazia rappresentativa, il ruolo dei corpi sociali, di singoli cittadine e cittadini, dei giovani.
L’Arci intende rafforzare le relazioni che si sono andate costruendo in questi mesi con ANPI e CGIL, sia nella promozione dell’attualità della nostra Costituzione, sia nel confronto ancora una volta sul merito e sui contenuti che queste organizzazioni intendono portare avanti, sull’attuazione dei principi contenuti nella prima parte della Carta e l’affermazione dei diritti. Non consentiremo a nessuno di appropriarsi del nostro no, che è stato un no progressista, non conservativo, un no che abbiamo ribadito deve aiutare a far crescere la democrazia e la giustizia sociale.
La verità è che questo voto difende un testo, quello della nostra Costituzione, che è fatto di principi di libertà, di giustizia sociale, di lotta alla disuguaglianza. Crediamo che, ancor di più oggi, la questione stia nella differenza tra un pensiero rassicurante, breve, di corto respiro, facente leva sul predominio emotivo e un pensiero emancipativo, trasformativo, ragionevole e meditato nella costante tessitura di relazioni sociali e confronto. Insomma nella differenza tra pensiero conservativo e pensiero progressista.
Un referendum, spesso giocato comunicativamente anche in un’ottica anti-casta, consegna all’Italia un esito forse contrario: della politica ci si può e ci si vuole interessare. Questo risultato referendario, anziché perpetuare le divisioni e le lacerazioni che hanno caratterizzato questi mesi, deve essere invece, l’occasione per riaprire una nuova stagione, che, allargando e non restringendo gli spazi di democrazia partecipativa, ricostruisca quel legame tra la società e la politica della sinistra, che in questi anni si è allentato. Anche rivalutando in chiave positiva il ruolo di intermediazione dei corpi sociali organizzati, oggi alla prova dell’importante riforma del Terzo Settore.
Rivendichiamo infatti la necessità che il paese si interroghi e si spenda soprattutto nella promozione del civismo e della partecipazione e non releghi l’argomento al solo controllo normativo. Siamo certi che la domanda di partecipazione fin qui espressa con il voto referendario non debba restare inevasa, ma debba essere colta nella sua intera portata. Giovani e periferie si sono nuovamente avvicinati alla politica e non debbono essere lasciati alla conquista delle forze retrive e divisive. Lì si gioca il futuro e la crescita del nostro paese.
Più cultura, più socialità, più partecipazione, più giustizia sociale, più accoglienza e più impegno sono senza dubbio lo spazio da conquistare da parte di tutte e tutti.
Siamo sicuri che l’Italia, anche attraverso la presenza di tante organizzazioni della società civile come la nostra, saprà ritrovare quella forza e quella coesione che la nostra stessa Carta costituzionale ci ha fornito in questi decenni per affrontare prove e avvenimenti gravi e pericolosi.
Roma, 16 dicembre 2016