Pubblichiamo la lettera aperta a firma di numerosi esponenti della società civile genovese, tra cui i compagni Walter Massa, presidente di Arci Liguria, e Carlo Besana, presidente del Consorzio CEP, apparsa ieri su Repubblica, edizione di Genova
“CARA Repubblica, l`alluvione del 9 ottobre scorso, con il suo portato inevitabile di frane e dissesti, può e deve essere l`occasione per ripensare il futuro della città, anche oltre l`orizzonte immediato del ripristino e del risarcimento. La fragilità del territorio e quella del sistema sociale hanno bisogno di una riflessione condivisa tra istituzioni, centri di ricerca e cultura, società civile e cittadini su cosa dovrà essere l`area metropolitana dei prossimi trent`anni, sia per evitare i disastri sia per farne il luogo di una migliore qualità della vita. Ma ripensare il territorio significa ripensare la politica. Superare il groviglio di interessi, rendite di posizione, autoreferenzialità istituzionali, i vuoti di rappresentanza che hanno segnato e segnano Genova e la Liguria.
Noi, che sottoscriviamo que- sta lettera aperta, riteniamo indispensabile questo confronto, perché la rabbia, la paura, lo sdegno, la fatica, il dolore di questi giorni rischiano di alterare una più lucida visione dei fatti nella loro complessità e interezza, e di non farci valutare adeguatamente comportamenti e responsabilità, di non farci apprezzare la qualità straordinaria che gran parte della città, istituzioni comprese, ha mostrato, e soprattutto possono impedire la ripresa della speranza di una città che sa uscire anche dal male dell`esperienza vissuta. Proprio la crisi di un intero sistema impone ragionamenti in positivo, che non siano giustificazione delle responsabilità, ma riflessione sulle ragioni del declino, tentativo di dare vita, insieme, a un`altra storia.
CI SEMBRA necessario chiedere ai genovesi, anche ai media, non di limitare ogni legittima denuncia, ma di non aggiungere al fango materiale che ci ha sommerso, anche il fango morale del disprezzo e della sfiducia. In queste condizioni infatti, sarebbe molto difficile ricostruire e soprattutto ritrovare il senso di unacomunit à. La demagogia è uno sbocco spontaneo e comprensibile della rabbia, ma riflette anche assenza di idee. È un rischio che non possiamo permetterci di correre. E le parole pacate possono essere più forti di un urlo. Per cambiare occorre lucidità. Cittadini disperati, Angeli del fango e della bontà, istituzioni o irresponsabili o incapaci, sono una rappresentazione parziale della realtà. Dobbiamo provare andare oltre. Ci misuriamo con un disastro economico per tanti commercianti e artigiani che già faticosamente lottavano come tanti lavoratori e disoccupati contro la crisi. La caduta nell`attrattiva della nostra città su forestieri e visitatori ha anche messo in discussione, speriamo per poco tempo, uno dei possibili asset, insieme all`università, alla ricerca e al porto, di una nuova fase di sviluppo davvero sostenibile. E pochi giorni dopo l`alluvione, quasi per una perversa coincidenza, Banca Carige – e con essa la Fondazione sono colpite da eventi che aprono scenari inquietanti sul futuro dell`una e dell`altra istituzione: anch`esse, in qualche modo, “bene comune” dei genovesi e dei liguri. Anche questa vicenda esige riflessioni lucide e spassionate, correzione di errori, impegno a recuperare.
Ma oltre l`appello alla società civile, ci sembra altrettanto necessario chiedere alle istituzioni, sindaco e giunta in primo luogo, ai partiti che ne hanno espresso gli amministratori, alla cultura cittadina, alla cittadinanza attiva, di organizzare questa riflessione collettiva ora che la ferita è ancora aperta e ci sono le energie e la voglia di “guarire”. Questo è, almeno per noi, il vero “ora basta”. Serve una “polis”, una città politica che metta a fuoco ciò che deve e può essere fatto confrontando diagnosi e progetti, soluzioni ed errori (non solo di questo territo- rio ), individuando tempi e risorse che rendano possibile una “idea di città” realizzabile negli anni, ma a partire coerentemente dall`oggi. Serve una nuova dimensione della responsabilità civile e della partecipazione. L`idea di città che chiediamo di costruire insieme dovrà contenere la complessità di ciò che è accaduto, nell`assetto idrogeologico e ambientale, nel sistema di risposte e prevenzione delle istituzioni, nella mancanza palese di quella connessione tra le parti del “sistema città” che sempre più rivela i nostri limiti, nella comunicazione e informazione diffusa, in definitiva nella carenza di conoscenze che istituzioni e società civile hanno del territorio in cui vivono, dei vincoli fin troppo dimenticati, delle potenzialità fin troppo sopite. Chiediamo che la riflessione collettiva chiami ad esprimersi tutte quelle componenti che in questa occasione hanno messo a disposizione, nei modi più diversi, solidarietà, responsabilità, conoscenze, lavoro.
Dagli amministratori dei Municipi ai dipendenti dei vari enti pubblici, dalle associazioni che hanno organizzato soccorsi ai professori che sono scesi a spalare il fango insieme ai loro alunni, dagli studiosi agli operatori dell`informazione: tutta quella larga parte di cittadinanza attiva, giovani e anziani, organizzati e non, che hanno praticato la solidarietà e tutti coloro che, anche fuori dell`emergenza, la praticano quotidianamente come un dovere civico e un servizio alla città “bene comune”. Chiediamo al sindaco di Genova di prendere l`iniziativa per dare vita a questo momento di rinascita civica alla quale siamo disponibili a dare tutto il nostro contributo.”
Luca Beltrametti, Carlo Besana, Mercedes Bo, Luca Borzani, Mario Calbi, Giuliano Carlini, Megu Chionetti, Beppe Costa, Ariel Dello Strologo, Alberto Diaspro, Silvio Ferrari, Walter Fabiocchi, Amedeo Gagliardi, Walter Massa, Bruno Morchio, CarloRepetti, Enzo Roppo, Gianna Schelotto, Nicla Vassallo