Si è chiuso da poco il ventesimo anniversario del G8 di Genova.
Siamo stata parte attiva, determinante nell’organizzazione delle due assemblee di movimento, nazionale e internazionale.
Sono stati due giorni intensi, ricchi di contenuti e vissuti con passione da noi e da tutte e tutti coloro che hanno partecipato.
Abbiamo respirato nuovamente quella fiducia e quella voglia di fare e di esserci che caratterizzarono la manifestazione dei migranti del 18 luglio 2001.
Quella voglia di stare insieme gioiosa non la respiravamo da allora.
Dal 19 luglio quella stessa aria era stata inquinata dai gas lacrimogeni, dalle urla dei manifestanti picchiati selvaggiamente e soprattutto dall’odore del sangue di un ragazzo di vent’anni morto ammazzato.
In questi giorni Genova è tornata ad essere un crocevia, o meglio, un porto dove ritrovarsi per guardare l’orizzonte, dove ascoltare lingue e parole diverse dalle nostre, magari incomprensibili, ma unite dalla medesima curiosità per l’altro.
E con la voglia di rimettersi in marcia per costruire un mondo diverso da quello in cui viviamo.
Siamo riusciti a parlare di Genova al futuro e non al passato come altre volte, troppe, era accaduto.
Genova torna ad essere il luogo della convergenza, della rete e del rilancio di una vertenza sociale necessaria già dal prossimo autunno.
Abbiamo concluso le due assemblee con una serie di proposte di lavoro – indicate all’unanimità da tutti gli intervenuti – che vedono nel 30 ottobre, in occasione del G20 di Roma, la prima data in cui ritrovarsi.
Una tappa (comunque significativa) di un percorso più lungo che attraverserà altri momenti importanti, come ad esempio la preCop e lo sciopero generale.
Tutto questo avrà un senso per l’Arci nella misura in cui riusciremo ad avviare una riflessione partecipata e aperta che parta proprio dall’ottimo lavoro che abbiamo svolto a Genova.
L’Arci ha ritrovato una centralità in queste giornate: è tornata ad essere ponte per realtà e sensibilità differenti ed anche il quel contesto proseguirà la nostra battaglia a difesa della socialità nelle politiche pubbliche con la convinzione di contaminare ed essere contaminati.
Ci siamo battuti perché la socialità non perdesse il posto che merita nelle politiche pubbliche in questi anni di pandemia.
Continueremo a farlo anche in questa nuova strada.