Riteniamo utile pubblicare le riflessioni di Raffaella Bolini all’indomani del congresso di Bologna.
Ieri a Bologna si è chiuso il congresso nazionale dell’Arci. Era stato sospeso tre mesi fa, di fronte alla impossibilità di trovare un accordo, per evitare una spaccatura insanabile.
Alimentata anche, credo, da un troppo lungo periodo di compressione del libero e democratico dibattito interno che aveva disabituato alla gestione partecipata, collettiva e responsabile dei conflitti naturali nelle strutture plurali e complesse.
Consapevoli dei rischi, per tre mesi migliaia di persone hanno discusso, litigato, ragionato, parlato – ciascuno con la sua parte e insieme- alla ricerca di una mediazione possibile.
E’ stata trovata. E ieri abbiamo votato una soluzione unitaria.
L’associazione si è impegnata, da oggi in poi, a dare dignità alle differenze per alimentare una unità non formale e non correntizia. A considerare le diversità una ricchezza, se esse non si arroccano in identità auto-ghettizzate, ma scelgono di arricchirsi le une delle altre, di produrre reciproco cambiamento, verso livelli più avanzati di unità liberamente scelta e non imposta.
E questo, in fondo, non è altro che la sola ricetta per la democrazia -e il solo senso buono della politica.
Non è sicuro naturalmente che si riuscirà tenere fede a questi impegni, sarà una battaglia da combattere tutti i giorni a partire da domani. Non gli uni contro gli altri, ma per tenere ciascuno sotto controllo la parte peggiore di sé, e tirare fuori il lato migliore.
Francesca Chiavacci è la nuova presidente nazionale dell’Arci, la prima volta che una donna guida la nostra associazione. Al suo fianco c’è Filippo Miraglia che è stato eletto vice-presidente.
Luciana Castellina, che da anni ci onora della sua militanza, è da ieri Presidente onoraria.
A pochi giorni dal decimo anniversario della morte di Tom Benetollo, comincia per l’Arci una fase inedita.
Quelle che nascono dai pericoli sono talvolta le migliori, perché fanno andare avanti con maggiore consapevolezza. Dipende dalle persone e dalle comunità, dalle loro idee e dalla loro qualità, dalle pratiche che scelgono di attivare, dall’orizzonte verso cui camminano.
Dalla forza dell’obiettivo comune -che è la sola cosa a dare senso alla ricerca dell’unità.
E’ un tempo duro e drammatico che avrebbe bisogno di una Arci utile non solo a se stessa ma a un fronte largo per i diritti, la giustizia sociale e la democrazia. Spero sarà così.
Grazie e Paolo per la fatica di questi anni.
Grazie a Luciana per la fiducia.
Buon lavoro a Francesca, a Filippo, a tutti e tutte.